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“Par fortuna che el decennae el vien ogni diese ani, parchè sinò i sarie problemi seri.”
È quello che ci siamo detti l’un l’altro (senza parlare, perché voce non ne avevamo più) domenica 1 marzo alle 2.45 del mattino, ritornando finalmente a casa alla fine della festa tanto attesa.
 
La sera del 28 febbraio ce l’abbiamo messa tutta per donarvi una bella festa, anche se …
Avevamo cercato di numerare le sedie per gli invitati, ma non siamo riusciti a far rispettare le assegnazioni. Avevamo “nascosto” più di 60 sedie, ma … bisognava allargare i muri della palestra per starci tutti. Avevamo chiamato due operatori per immortalare la serata, ma un nastro difettato ha infranto il nostro sogno. … Insomma, ci siamo trovati spiazzati da ogni parte “investiti” però da un affetto che non credevamo di meritare.
 
Questo vostro affetto ci commuove e davvero vorremmo poter dire a tutti il nostro “grazie” più sincero. È stata proprio la vostra numerosa ma soprattutto calorosa presenza a far scattare la molla permettendoci di recitare bene (anche se qualche “buco” c’è stato) e di farvi divertire.
Le luci ora sono spente, la vita della Compagnia riprende: c’è chi vorrebbe inseguire il successo e sogna e cerca nuovi palchi da calcare, chi “tira el cul indrio”, e chi “che cata sol che radeghi” … Resta però la consapevolezza di aver cercato almeno, di offrire a tutti voi la possibilità di divertirvi, ma anche di ripercorrere attraverso le mostre, la serata con Gian Luigi Secco dei Belumat, alcuni modi di dire e di fare che abbiamo inserito nella commedia, … quelle che sono le nostre tradizioni, la nostra cultura, la nostra identità, perché siamo convinti che solo conoscendo bene chi siamo e da dove veniamo, possiamo incontrare l’altro senza paura, anzi, addirittura “sognandolo” più bello e amabile di chi è in realtà solo perché lo amo, proprio come Berto può innamorarsi di “Genzianella” pur facendo ogni giorno la guerra con Dosolina.
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